BREVE NOTA A MARGINE DEL D.Lgv 222-2023 – 4 punti critici e una luce

Avv. Silvia Assennato

Ad una settimana dalla sua entrata in vigore, riteniamo di porre alcune osservazioni preliminari a margine del Decreto Legislativo 222/2023.

Come noto esso mira, in attuazione dell’art. 2 comma 2 lettera e) della legge 227-2021 a promuovere l’accessibilità e la partecipazione attiva alle persone con disabilità, fornendo obiettivi di produttività ed osservazioni sui piani di performance, per tramite delle associazioni.

La lettura del testo, appena entrato in vigore, consente alcune riflessioni.

Al di la dei tecnicismi, propri di una norma che si inserisce in un sistema già di per sé complesso, i punti di maggior interesse anche critico sembrano essere quelli relativi agli articoli 2bis, 5 e 6.

In particolare il portato dell’art. 2bis delinea, la figura di uno specifico responsabile dirigenziale che definisca gli obiettivi, le modalità e le azioni finalizzate alla piena accessibilità.

Una figura equiparabile al DISABILITY MANAGER, pur mai definito tale, con evidente mortificazione e squalifica della capacità professionale del DM.

Considerando che gli obiettivi posti in questa sede erano, già prima del presente testo normativo, ragionevolmente inseribili nel concetto generale di buona amministrazione non si comprende perché a fronte di professionisti già formati (anche all’interno delle singole amministrazioni), non si attinga direttamente agli elenchi esistenti e certamente noti al legislatore.

Si tratta, a parere di chi scrive, di una superfetazione normativa rispetto alla quale si auspica una applicazione corretta, puntuale e finalmente erga omnes.

Quanto alla funzione consultiva e di partecipazione attiva delle associazioni (artt. 5 e 6) l’attuale legislatore pare dimenticare che accessibilità e fruibilità sono (e devono rimanere) in primo luogo diritti delle persone.

Pur nella assoluta consapevolezza della importanza del movimento associativo e dei suoi risultati, preme ricordare come non vi sia alcuna clausola di rappresentatività generale in capo alle singole associazioni, anche a quelle maggiormente rappresentative cui il testo affida compiti di integrazione, normativa ed aziendale, di assoluta rilevanza.

Esse rimangono realtà private, che necessariamente per statuto perseguono gli interessi dei propri iscritti; è dunque lecito dubitare della capacità delle stesse di sganciarsi da un interesse personalistico così tanto importante, per perseguire interessi e finalità che possano valere per l’intera popolazione.

Speriamo fortemente di essere smentiti ma non vorremmo che gli interessi di una sola parte (per quanto numericamente rilevante) possano giungere a soluzioni tali condizionare le condizioni di vita e gli interessi del singolo cittadino con disabilità, che deve poter conservare la sua libertà di associazione, anche in senso negativo.

Altro punto critico a nostro modo di vedere sta nel contenuto dell’art. 9 che nel porre l’ormai consueta clausola di invarianza finanziaria, depotenzia (inconsapevolmente o meno) tutto ciò che di positivo e utile si possa intuire in una legge che non ha ancora avuto modo di trovare applicazione concreta.

Pur non essendo una novità l’art. 9 è la chiave che consentirà di non riconoscere le funzioni volte all’inclusione ed all’accessibilità come un vero e proprio lavoro o come una mansione riconosciuta e retribuita.

Le funzioni che infatti si attribuiscono alla dirigenza, comportano attività e lavoro di alto livello rispetto ai quali la mancanza di previsione di una specifica retribuzione, potrebbe comportare una fuga dalla posizione stessa ovvero che la stessa venga portata a termine senza il necessario interesse e la dovuta determinazione.

In conclusione, anche per mantenere una visione propositiva e volta alla cura dell’altro, accogliamo con favore l’art. 8 che inserisce delle misure di tutela garantendo la possibilità di agire in giudizio per la violazione degli obblighi di accessibilità e di informazione, rispetto alle carte servizi.

Come detto si tratta di nota professionalmente positiva in quanto potenzialmente apre agli avvocati nuove possibili attività giudiziarie, rimane da vedere il coordinamento concreto con le norme processuali e per la quantificazione del danno. Starà alla messa a terra della legge smentire o confermare i timori evidenziati, AD MAIORA.

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